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Inglese, questo sconosciuto

Pubblicato il: 19/01/2012 17:55:07 -


I corsi di formazione ministeriali per gli insegnanti di Inglese nella scuola primaria sembrano produrre insegnanti poco competenti, soprattutto nella lingua orale. Una riflessione sui punti deboli della formazione “blended” e una proposta per la formazione futura.
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Si sono conclusi alcuni moduli di formazione per gli insegnanti di lingua inglese nella scuola primaria nella nuova modalità “blended”, che prevede una parte in presenza (60 ore) e una in autoformazione (80 crediti, equiparati a 80 ore, che nella realtà hanno richiesto un impegno temporale ben maggiore). A prescindere dell’esito finale di questa formazione, che sarà evidente nel numero di insegnanti che si abiliteranno all’insegnamento, vorrei puntualizzare alcune osservazioni che ho potuto compiere negli anni in cui ho fatto formazione dal 2005 a oggi.

Ho colto nei corsisti una sempre minore propensione nel mettersi in gioco e usare la lingua per comunicare, dai primi corsi di 500 o 300 ore in presenza, a quelli di 150, fino a quelli odierni; gli insegnanti appaiono sempre più contratti e meno padroni del mezzo linguistico, anche se acquisiscono l’abilitazione superando il “Cambridge PET” o un esame equivalente. Questa consapevolezza li rende dipendenti dal libro di testo e inadatti a trasmettere agli alunni il piacere di comunicare con un codice diverso dalla lingua madre.

Facendo parte del primo contingente di insegnanti di lingua inglese nella scuola primaria selezionato e formato nei primi anni ‘90, e avendo prestato la mia opera come formatrice dal 1995, non ho visto adeguarsi i programmi dei corsi, succedutisi nei decenni, al livello linguistico dei corsisti, alla riduzione dei fondi per la formazione e all’esigenza di avere, in tempi sempre più brevi, molti specializzati per coprire le esigenze delle classi. Ne è risultato un apprendimento frettoloso, troppo denso di contenuti, preoccupato più dei crediti che delle competenze e irrispettoso dei tempi necessari alla produzione libera della lingua. Questo procedimento è assai dannoso anche perché trasmette un modello metodologico negativo: agli alunni, come agli insegnanti, dovrebbe essere consentito di sperimentare la lingua, anche in modo passivo, fino a quando non si sentano pronti a usarla in modo autonomo.

Ho fatto notare questa incongruenza in sedi istituzionali e mi è stato risposto che, poiché il Ministero finanzia solo la prima formazione degli insegnanti, questa deve essere onnicomprensiva, vale a dire da zero ai tre condizionali, con i risultati che conosciamo: insegnanti timorosi di usare la lingua, che la insegnano solo in considerazione dei “bisogni” delle loro scuole, magari su pressione di dirigenti preoccupati di “coprire” le esigenze orarie delle classi.

Azzardo una proposta per la futura gestione della formazione: diamo agli insegnanti una formazione di base sui contenuti che affronteranno nelle classi, e concediamo loro tempo per consolidare un numero limitato di strutture grammaticali e metterle in gioco con un lessico ricco e vario. Realizziamo questa formazione in presenza, perché nella scuola primaria l’approccio alla lingua è essenzialmente orale e deve essere svolto da insegnanti con sicure competenze. Nessuna piattaforma può svilupparle, neppure le 60 ore in presenza previste dagli attuali corsi, se i corsisti non padroneggiano almeno competenze comunicative basilari. Mandiamoli a insegnare con la sicurezza di padroneggiare le loro competenze, per quanto limitate, e con l’obbligo di continuare nello studio della lingua (attraverso moduli on-line, periodi di studio all’estero, con il sostegno di borse di studio “Comenius” o di seminari obbligatori intensivi con certificazione finale), pena la perdita della possibilità di continuare a insegnare la lingua.

Vorrei, infine, indicare uno strumento di apprendimento e autoapprendimento, potenzialmente di grande impatto, il “Divertinglese” televisivo in versione per bambini e per adulti, attualmente sottoutilizzato, e che potrebbe svolgere, per l’Inglese, ciò che alcuni programmi come lo storico “Non è mai troppo tardi” svolsero per l’Italiano. I programmi televisivi sono integrati da materiali di studio disponibili su un sito, creato per la fruizione di gruppi organizzati e di individui autonomi. Collocare i programmi sul digitale terrestre, diffonderli in orari diversi a beneficio di varie fasce di utenza, pubblicizzarli adeguatamente e favorire nelle scuole la nascita di gruppi di ascolto, potrebbe dare una svolta all’apprendimento dell’Inglese tale da portare l’Italia al livello dei Paesi europei più avanzati in campo linguistico.

ENGLISH ABSTRACT
In-service training courses for teachers of English in primary school seem to produce poor teachers especially as far as oral skills are concerned. A reflection on weaknesses of blended training and a proposal for future training courses.

Giuliana Veruggio

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